Nel territorio dei Colli di Luni la collina di Fosdinovo è forse la più interessante per complessità dei suoli. Questa si estende dalla millenaria Via Aurelia, praticamente a livello del Mare e si inerpica sino allo storico Castello Malaspina a 550 mt slm, in un tragitto di circa 12 km. Tre sono le fasce altimetriche studiate, a livello geologico e geomorfologico, per comprendere la natura dei terreni che permettesse il perfetto abbinamento vitigno-suolo al fine di trovare la vera identità territoriale. Origine del suolo è la compressione delle sabbie della Liguria contro le argille della Toscana, nella creazione a spartiacque del complesso delle Alpi Apuane…carbonato di calcio allo stato puro!!!
Le prime indagini sulla giacitura della lignite di Caniparola risalgono al 1800. Nella parte superiore del suolo antracitico era già possibile notare un conglomerato alluvionale disposto in strati orizzontali, un’arenaria ricca di particelle carbonose, separata dal primo da strati di marna argillosa ricca di impronte di fossili vegetali marini e terrestri. Questo fa si che i vitigni piantati, in prevalenza Vermentino Bianco e Vermentino Nero abbiano una grande finezza, data dalla parte ghiaiosa e un buon corpo proveniente da argille non plastiche.
Una giacitura di giusta pendenza e l’esposizione a pieno Sud Ovest, unitamente a schisti argillosi fanno si che questa zona sia la più calda e strutturata. I ph di questi terreni arrivano a 8,6, al limite della coltivazione con una discreta componente di argilla e di tufi grigi. Ottima in questa area la Massaretta e la Merla che hanno bisogno di indici termici importanti, volume da sviluppare unitamente ad escursioni termiche che permettono, nonostante l’accumulo importante di zuccheri, anche acidità molto elevate, idonee a lunghi affinamenti.
In alta collina, a circa 400 metri sul livello del mare, in un anfiteatro naturale di 5 ha abbiamo un piccolo Eden. Nei millenni, un rivolo d’acqua chiamato “Fosso di Corsano” ha scavato una sezione del Monte individuando due corpi simmetrici su suoli composti principalmente da arenarie e calcari di diversi tipi denominati Flysch. Qui, Schisti e Micaschisti con una piccola frazione di ossidi di ferro, a ph 4,9, acido e subacido, permettono l’habitat naturale per la coltivazione del Vermentino. In questa “balconata naturale” la luminosità e la continua ventilazione fanno maturare il Vermentino solo ad Ottobre in condizioni estreme. Longevità, acidità, eleganza sono il tridente per vini che possono evolvere 10/12 anni diventando sempre più complessi.
All’interno del Parco Nazionale delle Cinque Terre, il paesaggio agricolo è stato costruito dall’uomo in circa mille anni di storia con un lavoro epico che ha modellato la costa in terrazzamenti per accogliere la vite e altre colture. Il manto boschivo originario è stato sostituito da piccole piane tramite la frantumazione della roccia, realizzando i tipici muretti a secco – costituiti esclusivamente da massi d’arenaria sapientemente sovrapposti – e humus coltivabile.
I vigneti di Terenzuola alle Cinque Terre si estendono per 1,5 ettari su tre differenti fasce altimetriche, scelta dettata dalla volontà di ottenere uve con caratteristiche differenti e di conseguenza vini molto equilibrati. I vigneti più vicini al mare, nel territorio di Corniglia, donano al vino la giusta struttura; quelli della fascia di mezzo, in località Volastra nel Comune di Riomaggiore, un’importante aromaticità; mentre quelli della parte alta, nei pressi del “Telegrafo” di Riomaggiore, conferiscono l’indispensabile componente acida.
Alla vecchia coltivazione a pergola, per i nuovi impianti delle Cinque Terre, si è preferito il sistema ad alberello, la forma di allevamento storicamente adottata nelle aree maggiormente calde e impervie del Mediterraneo, così da sfruttare al meglio il poco terreno, garantendo a ogni singola pianta la giusta dose di spazio e luce.
La densità di impianto è infine altissima, fino a 11.000 ceppi per ettaro, e ogni pianta è sorretta da un paletto di acacia al quale, durante la stagione estiva, i germogli vengono legati manualmente con della semplice raphia (pianta da fibra), evitando così di introdurre plastica o ferro in un contesto naturale protetto, unico ed estremamente fragile.
La storia della viticoltura del Candia, area collinare ai piedi delle Alpi Apuane, affonda le sue radici nel periodo risalente alla fondazione dell’antica città romana di Luni (177 a.C), di cui oggi sopravvivono, nell’area archeologica dedicata, tracce del glorioso passato.
Risale infatti all’epoca romana, oltre alle prime estrazioni del famoso marmo bianco di Carrara, la creazione di fasce terrazzate strette tra le Alpi e il mare, dedicate fin da subito alla coltivazione della vite. Si narra infatti che alcuni coloni greci piantarono su queste fasce diverse varietà di uva, proveniente dal bacino del Mar Mediterraneo e che, considerata la qualità ottenuta, nominarono questa zona Candia, in omaggio alla città portuale dell’isola di Creta, famosa per il suo commercio di vini pregiati.
Nei secoli, l’area del Candia ha mantenuto i medesimi vitigni, garantendo la sua immensa biodiversità (circa 250 vitigni autoctoni), nonostante la fillossera. Le varietà a bacca bianca presenti nel Candia sono le uve aromatiche Vermentini, Moscatelle, Moscati bianchi e gialli, Malvasie e Malvasie di Candia, le uve acide Verdusche, Verdarelle e Verdicchi; le uve tanniche come Trebbiani giallo e rosa, Grego, Durella e Bracciola. Tra le cultivar a bacca rossa, troviamo Vermentino Nero, Canaioli di tutti i tipi, Massaretta o Barsaglina, Varano, Foscara, Malvasie nere e uve tintorie di diversa provenienza.
Alla luce di tutto ciò, la salvaguardia di un luogo così eccezionale diventa una priorità soprattutto, ma non solo, per chi produce e ama il vino.